DIBATTITO EDUCAZIONE CIVICA ORA – Educazione sanitaria, componente fondamentale dell’educazione alla cittadinanza
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di Elefteria Morosini  (1)

 [l’articolo che segue risponde alla chiamata al dibattito EDUCAZIONE CIVICA ORA. Per vedere l’articolo di avvio del dibattito clicca QUI]

 

Il potenziamento dell’educazione civica nelle scuole, insegnamento che in realtà non è mai stato del tutto abbandonato, si intreccia con le riflessioni stimolate in questi mesi dalla pandemia Covid-19, portandomi a pensare che una delle linee portanti dei progetti transdisciplinari sia quella dell’educazione sanitaria, in modo da diffondere nei giovani la consapevolezza di cosa significhi “salute”, del rapporto tra salute individuale e salute pubblica, dei caratteri del SSN (Sistema Sanitario Nazionale) italiano, di come abbia funzionato e di quali risultati abbia ottenuto nella lotta contro il coronavirus, anche rispetto agli altri sistemi nazionali.

 Credo che sia un argomento che rientri nei programmi e nei manuali di diritto/economia del biennio, all’interno della trattazione del wellfare, ma ritengo che non bastino pochi paragrafi per far comprendere l’importanza del sistema sanitario, le conseguenze che ogni provvedimento preso in questo campo riversa sulla vita concreta dei cittadini, il funzionamento della prevenzione che si estende in molti campi d’azione e di intervento, la necessità di contribuire con il pagamento delle tasse al funzionamento di un sistema che in Italia è universale e gratuito.

 Metto subito in evidenza come in questo campo sarebbe opportuno proporre compiti di realtà, gestiti dai docenti in modo coordinato incrociando le competenze che gli studenti acquisiscono in diverse discipline per metterle alla prova e applicarle: sarebbe utile analizzare la normativa, affrontare il tema in termini di economia sanitaria (purtroppo finora poco valorizzata anche all’università, dove il lustro accademico spesso prescinde dagli interessi della collettività), di storia delle salute e della medicina, in tutte le sue articolazioni: anatomia, medicina, farmaceutica, automazione, politica sanitaria; soffermarsi sul significato reale e simbolico del binomio malattia /salute in letteratura, affrontare in filosofia le questioni di etica e deontologia professionale, approfondire gli squilibri riguardanti la salute nel mondo globalizzato, e così via.

Attraverso un lavoro di documentazione, di ricerca, di approfondimento si potranno acquisire quegli strumenti di conoscenza per comprendere tutte le questioni che sono emerse in modo drammatico e emergenziale nel corso della pandemia recente, sia in contesto nazionale che nello scenario internazionale, acquisendo così gli strumenti intellettuali e pratici per intervenire positivamente e per essere in grado di valutare le scelte tecnico-scientifiche e politiche messe in atto. Soprattutto si potrà acquisire la competenza necessaria per predisporre e adottare (o anche solamente applicare responsabilmente) le misure di prevenzione e/o di controllo della pandemia attualmente disponibili e di qualunque altro evento simile.

Con lo stesso approccio si possono trattare altri temi di educazione sanitaria: dagli incidenti stradali alle morti bianche sui posti di lavoro, dalle dipendenze da sostanze stupefacenti (compreso l’alcolismo) all’assistenza a disabili e anziani, da una sana alimentazione ai programmi di prevenzione e vaccinazioni, dalla salubrità di aria e acqua fino a un discorso generale sulla protezione dell’ambiente e della natura di cui siamo parte, così come viene proposto dall’AGENDA 2030per lo Sviluppo Sostenibile proposta dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU e sottoscritta dalla UE. In questo modo gli studenti possono maturare quelle competenze di cittadinanza globale indispensabili per un cittadino responsabile nel terzo millennio.

Proseguendo indicherò sinteticamente alcune aree tematiche suscettibili di sviluppi transdisciplinari, che vanno affrontati da tutti i docenti in modo coordinato.

L’art. 32 della Costituzione

Punto di partenza imprescindibile è la Costituzione, che all’art. 32 definisce il “diritto alla salute” come fondamentale, facendone risaltare l’importanza e la priorità: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge.”

Sempre nell’articolo 32 viene introdotto il concetto di “dignità della persona”: “La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.

Ciascun individuo ha dunque diritto alla salute comestato di completo benessere fisico, mentale e sociale, così come è stata definita in positivo dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 1948, soppiantando la vecchia definizione in negativo che identificava la salute come assenza di malattie e/o infermità fisiche/psichiche.

Connesso alla tutela della salute è il miglioramento della qualità della vita, da garantire a tutti eliminando gli elementi nocivi, fisici, psichici, ambientali o dovuti ad altre cause, che possono ostacolarne il reale esercizio.

Diritto-dovere alla salute

Lo Stato perciò è obbligato a predisporre, tramite un’organizzazione sanitaria idonea, le prestazioni positive per realizzare il godimento effettivo e globale della salute e a questo scopo è stata formulata la riforma sanitaria del 1978, che si rivolge all’universalità dei destinatari, prevede uguaglianza di trattamento, rispetto della libertà e della dignità della persona, volontarietà dei trattamenti sanitari. Unica eccezione all’esercizio di questo diritto sono i trattamenti sanitari di carattere obbligatorio: per le malattie mentali, le malattie infettive, le vaccinazioni o l’obbligo della cintura di sicurezza e del casco2. In tal caso, al fine di preservare l’interesse della collettività alla incolumità e alla salute, il soggetto esplica non solo il suo diritto, ma anche il suo dovere alla salute. Perché la salute individuale è inestricabilmente connessa con la salute collettiva ed è una condizione di equilibrio dinamico dell’individuo collocato nel suo ambiente naturale e sociale.

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Salute individuale e salute collettiva

A partire da questa visione dinamica, il bisogno di salute si articola in quattro aspetti.

Al primo posto sta il bisogno di conservare e migliorare lo stato di salutecui si provvede attraverso la prevenzione primaria e la promozione del benessere. É questo l’interesse fondamentale sia del singolo che della collettività: tutti sono desiderosi di stare bene e inoltre sono molto maggiori le difficoltà e più elevati i costi da sostenere (sia dai singoli che dalla collettività) per riportare in salute chi l’ha persa, come si può sperimentare direttamente.

Al secondo livello si pone la necessità di conoscere precocemente la presenza di malattie, di diagnosticarle e curarle attraverso la prevenzione secondaria, la diagnosi e la terapia. È diffusa la consapevolezzadell’opportunità di curare i sintominon appena si presentano, per non aggravare la situazione sia sul piano personale che su quello sanitario, anche se non tutti e non sempre seguono questa semplice regola.

Al terzo livello sta il bisogno di ripristinare il precedente stato di salute dopo una malattia, attraverso un percorso di riabilitazione o convalescenza.

Infine nel caso di una patologia cronica (come il diabete, la paraplegia, la sordità, ecc.) si manifesta il bisogno di ottenere uno stato di benessere psico-fisico attraverso laprevenzione terziaria, in modo da evitare che una disabilità si tramuti in un handicap, ovvero in un ostacolo al pieno sviluppo della persona, garantito dall’art. 3 della Costituzione.

É allora chiaro che il bisogno di salute si soddisfa sia con interventi mirati sui bisogni del singolo, come nel caso di una cura farmacologica o di un ricovero ospedaliero, sia attraverso interventi su beni collettivi e indivisibili, come la tutela dell’ambiente, la salubrità dell’aria, l’efficienza di un rete idrica che garantisca acqua potabile, il riciclo e lo smaltimento dei rifiuti, un piano generale di vaccinazione delle malattie infettive. Si tratta di interventi di salute pubblica che forniscono a tutti, anche a chi non ha i mezzi per pagarlo, un servizio fondamentale, partendo dal presupposto dell’interesse comune alla salute, che si configura come un vero e proprio bisogno collettivo: uno stato di salute diffuso nella popolazione è fonte di benessere per tutti ed è interesse di ciascuno. Una consapevolezza che contribuisce alla diffusione di comportamenti corretti nel campo del pagamento delle tasse e della lotta all’evasione fiscale, essendo il SSN un servizio universalistico e gratuito a carico della fiscalità generale.

Ritroviamo questi elementi tra gli obiettivi dell’AGENDA 2030 per lo sviluppo sostenibile, in particolare l’ Obiettivo 3: Garantire una vita sana e promuovere il benessere di tutti a tutte le età e l’Obiettivo 6: Garantire la disponibilità e la gestione sostenibile di acqua e servizi igienici per tutti.

L’intreccio tra salute individuale e salute pubblica è diventato esperienza comune nel corso della recente pandemia di Covid-19: di fronte a provvedimenti di insolito rigore, come il confinamento o lockdown imposto dal governo per bloccare il contagio in fase di elevata diffusione del virus, i cittadini hanno modificato drasticamente il loro stile di vita consapevoli che il loro interesse al mantenimento della salute non consisteva solo nell’esigenza primaria di non ammalarsi, ma nel blocco del contagio a livello di comunità. Davvero in questi mesi la salute del singolo ha coinciso con la salute di tutti.

Ora, in fase di progressiva riduzione dei contagi, sembra allentata questa consapevolezza (che comprende anche l’istinto di sopravvivenza) che ha fatto sì che quasi tutti introiettassero la coincidenza di bene individuale= bene pubblico, e si comportassero di conseguenza. Di nuovo ci troviamo di fronte a comportamenti insensati e irresponsabili come quelli di chi, a fronte di un tampone positivo e sintomi inequivocabili, evita il ricovero o la quarantena, proseguendo una vita di relazione e infettando altre persone ignare.

Possiamo dire che qui si manifesta proprio una carenza grave di quel senso civico e di quella competenza di cittadinanza che si intende coltivare con la reintroduzione dell’educazione civica nella scuola, che è una delle istituzioni che pongono le fondamenta del vivere civile.

L’approccio dell’economia sanitaria

Se ragioniamo da un punto di vista economico (come peraltro spesso si fa in sede di tagli di bilancio dello Stato, scaricati troppo spesso su sanità e scuola), possiamo attribuire alla salute un valore d’uso, ma non un valore di scambio: infatti non esiste un mercato della salute, mentre esiste un mercato dei servizi sanitari, studiato dall‘economia sanitaria, una branca specifica dell’economia. Uno degli aspetti-chiave del mercato dei servizi sanitari è il fatto che chi ha un bisogno di salute non sa cosa gli serve per soddisfarlo, altri sono i soggetti che decidono i suoi consumi in questo campo: i medici, gli scienziati, i ricercatori, i produttori di farmaci, i responsabili della politica sanitaria, tra cui il ministro della sanità, le autorità regionali, ecc.

Al centro del sistema sanitario sta il medico di base, o medico di famiglia, l’autorità sanitaria più vicina al cittadino, cui ci si rivolge con fiducia non appena si avverte un disturbo e che dovrebbe avere una conoscenza complessiva della situazione sanitaria e delle condizioni generali di vita e di lavoro dei propri pazienti. Sta a questa figura indicare interventi sanitari specialistici, esami, trattamenti ospedalieri, ecc., svolgendo un’importante funzione di diagnosi e di orientamento nel mercato sanitario. I tagli ai servizi sanitari territoriali e la diminuzione del numero dei medici di base è stata una delle falle emerse durante la pandemia, cui ha supplito il senso del dovere e la dedizione dei medici stessi, che in numero troppo elevato hanno pagato addirittura con la vita.

Per definire i compiti dell’economia sanitaria riprendiamo le parole della prof.ssa Nerina Dirindin3, (autrice con Enza Caruso del libro “Salute ed economia. Questioni di economia e politica sanitaria”, il Mulino, 2019) che indica in modo articolato e preciso le questioni che l’economia sanitaria affronta e che sono state poste in questi mesi all’attenzione di opinione pubblica, strutture sanitarie, decisori politici: “L’economia sanitaria è un ramo delle scienze economiche che studia la scarsità delle risorse e le scelte riguardanti la loro allocazione con riguardo al settore sanitario. Si avvale delle conoscenze di diverse discipline quali l’epidemiologica, la medicina, la statistica, le scienze giuridiche, l’organizzazione e la gestione delle aziende. Si occupa del modo in cui i singoli individui e le società effettuano le loro scelte circa la quantità di risorse da destinare al settore sanitario, il modo in cui tali risorse sono allocate fra impieghi alternativi e le modalità con le quali i prodotti ottenuti sono distribuiti fra gli individui e le comunità. In altri termini l’economia sanitaria ci aiuta a decidere che cosa produrre (cibo ipercalorico o interventi di prevenzione dell’obesità? strutture residenziali o servizi a domicilio? farmaci o test di diagnosi precoce?), quali trattamenti erogare (di tipo preventivo, terapeutico o riabilitativo?), in quale quantità (ogni quanti abitanti è bene disporre di una risonanza magnetica? quale dotazione di medici o infermieri?), in quale modo garantire l’assistenza (meglio trattare un paziente in ospedale o a domicilio?) e a favore di chi (quali criteri di giustizia distributiva devono essere adottati? è preferibile puntare su poche strutture di eccellenza nei grandi centri urbani o su una buona offerta di servizi distribuita su tutto il territorio?). L’obiettivo è la massimizzazione del benessere della collettività.” 4

Questo elenco sottolinea la coincidenza tra le questioni che l’economia sanitaria affronta a livello teorico con le scelte pratiche che il governo in collaborazione con le regioni e assistito dalla task force degli scienziati ha dovuto affrontare in questi mesi di crisi sanitaria.

Domanda di servizi sanitari

L’emergenza sanitaria dell’inverno-primavera 2020 ci ha posto di fronte al funzionamento del sistema sanitario italiano, mettendone in evidenza i pregi e difetti, il meglio e il peggio: da una parte tutti abbiamo conosciuto la straordinaria dedizione e professionalità di medici e infermieri che hanno assistito i pazienti in condizioni difficilissime, anche se i dispositivi di protezione erano insufficienti, come purtroppo è accaduto in conseguenza della mancata applicazione di un piano di prevenzione che, pur impostato, era rimasto fermo al 2010; d’altra parte ci siamo resi conto in modo drammatico della grave carenza dei servizi sanitari territoriali, tagliati nel corso degli anni a discapito della presenza diffusa sul territorio di medici e sevizi di base, mentre in Lombardia (soprattutto, ma non solo) si è privilegiata l’eccellenza di grandi ospedali, tra cui anche istituzioni private che operano in base a criteri di alta professionalità, efficienza e produttività, non sempre conformi ai bisogni della collettività. E ciò è apparso con evidenza in questi mesi, in cui gli ospedali sono diventati centri di diffusione del virus, non solo luoghi di cura, mentre le strutture di terapia intensiva si sono dimostrate troppo esigue rispetto al fabbisogno in condizioni di emergenza. I dati raccolti e messi a confronto ci hanno detto come laddove i letti disponibili erano in numero maggiore rispetto alla popolazione (come in Germania) gli interventi sono stati più efficaci e la diffusione del contagio è stata meglio contenuta. Soprattutto sono state più protette le fasce più vulnerabili, come i portatori di altre patologie e gli anziani. Mentre purtroppo in Lombardia la mancanza di letti ha spinto al ricovero di malati in via di guarigione ma ancora contagiosi delle RSA, con tutte le conseguenze che conosciamo e su cui indaga la magistratura.

Allora torniamo a sottolineare come sia opportuno far comprendere ai giovani il funzionamento del sistema sanitario, le ragioni, gli obiettivi, le conseguenze di provvedimenti via via presi da chi governa la sanità.

In una democrazia i cittadini scelgono attraverso il voto coloro in cui hanno fiducia, cui saranno attribuite responsabilità di governo e di scelta nei vari campi del vivere civile. Attraverso il voto i cittadini danno mandato per il futuro e contemporaneamente giudicano ciò che stato fatto nel passato: è importante che abbiano le conoscenze per farlo consapevolmente su tutte le questioni più importanti che riguardano la vita della collettività. E la salute è sicuramente tra queste.

Il Servizio sanitario Nazionale Italiano

Infine richiamiamo in sintesi i principi cui si ispira il SSN italiano e le principali tappe della sua storia, che arriva a oggi e si apre su prospettive future.

Il principio della prevenzione primaria ulteriormente rafforzato dal diritto alla promozione della saluteha ispirato il Sistema Sanitario Nazionale istituito nel 1978 con la L. 833., che ha ripreso la Dichiarazione di OMS/UNICEF nella conferenza di Alma Ata, del settembre 19785. Un ruolo centrale nel campo dell’educazione sanitaria è affidato alla scuola.

Nello scenario globale il SSN italiano si distingue per essere uno dei più efficienti e meno costosi al mondo.

Dalla sua istituzione ha subito diversi interventi riformatori, di indirizzo diverso. Nel corso degli anni ’80 si era diffusa una concezione neoliberista della spesa pubblica e le leggi finanziarie hanno posto in contrasto la domanda di servizi con la necessità di contenere la spesa, ciò che ha portato a un sottofinanziamento del SSN. La lottizzazione politica degenerata in clientelismo ha giustificato richieste di gestione privata degli ospedali.

Con il decreto legislativo n. 502/1992 (parzialmente corretto dal d.l. n. 517/1993) si è trasformato il sistema pubblico integrato da strutture private convenzionate in un modello misto che ha dato maggiore autonomia organizzativa alle Regioni e ha aziendalizzato il servizio trasformando le USL (Unità sanitarie locali) in ASL (Aziende Sanitarie Locali).

Il d.l. 229/1999 è intervenuto sul regionalismo che acuiva differenze e squilibri territoriali, assicurando livelli essenziali uniformi di assistenza (LEA) per prestazioni sanitarie di qualità omogenea su tutto il territorio nazionale; ha stabilito la responsabilità dei dirigenti riguardo i risultati finanziari e l’efficienza nella qualità dei servizi; ha previsto la scelta per i medici tra il rapporto di lavoro esclusivo con il SSN e la libera professione (incompatibili per i dirigenti).

La riforma del titolo V della Costituzione e il federalismo fiscale hanno portato alla L.42/2009, mentre il mondo entrava nella crisi economico-finanziaria più grave dal 1929. Tagli alla spesa sanitaria e sperequazioni tra le regioni sono i nodi che sono venuti in evidenza nel corso della pandemia Covid-19.

Sono temi da affrontare in termini di una ricerca transdisciplinare che dia adito a un seria discussione tra posizioni diverse, mentre spesso vediamo che sui social media vengono diffuse notizie false, parziali o deformate, attacchi ingiustificati, teorie complottiste infondate, ecc. 6

I principi dell’OMS e l’Agenda 2030

Nel corso degli anni l’OMS ha continuato a sviluppare le linee d’azione impostate ad Alma Ata, con la Carta di Ottawa del 1986, con la dichiarazione di Giacarta del 1997, in cui si legge che “i prerequisiti per la salute sono la pace, una casa, l’istruzione, la sicurezza sociale, le relazioni sociali, il cibo, un reddito, l’attribuzione maggiori poteri alle donne, un ecosistema stabile, un uso sostenibile delle risorse, la giustizia sociale, il rispetto dei diritti umani e l’equità. La più grande minaccia per la salute è la povertà.”

Nella Dichiarazione di Rio de Janeiro del 2011 si afferma che “il godimento del più elevato livello di salute raggiungibile costituisce uno dei diritti fondamentali di ogni essere umano, senza distinzione di razza, religione, opinioni politiche, condizioni economiche o sociali”, si riconosce la responsabilità nei confronti della salute delle proprie popolazioni, si afferma che “le disuguaglianze nella salute all’interno dei Paesi e tra i Paesi sono inaccettabili dal punto di vista politico, sociale ed economico, oltre che ingiuste e ampiamente evitabili, e che la promozione dell’equità nella salute è essenziale per lo sviluppo sostenibile, per una migliore qualità della vita e per il benessere di tutti, fattori che a loro volta possono contribuire alla pace e alla sicurezza.”

Oggi punto di riferimento a livello mondiale è l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile (esplicitamente inserita nelle linee guida all’educazione civica). Si tratta di un programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità sottoscritto nel settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU. Comprende 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile (o Sustainable Development Goals, SDGs) – in un grande programma d’azione per un totale di 169 ‘target’ o traguardi. Gli Obiettivi per lo Sviluppo danno seguito agli otto Obiettivi di Sviluppo del Millennio (Millennium Development Goals) che li hanno preceduti, e indicano come obiettivi comuni per lo sviluppo la lotta alla povertà, l’eliminazione della fame e il contrasto al cambiamento climatico, per citarne solo alcuni. Riguardano tutti i Paesi e tutti gli individui: nessuno è escluso, né deve essere lasciato indietro lungo il cammino necessario per portare il mondo sulla strada della sostenibilità.

L’avvio ufficiale degli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile ha coinciso con l’inizio del 2016, guidando il mondo sulla strada da percorrere nell’arco dei prossimi 15 anni: i Paesi, infatti, si sono impegnati a raggiungerli entro il 2030. Tra questi obiettivi abbiamo segnalato quelli più strettamente connessi con il diritto alla salute, ma anche tutti gli altri sono indispensabili e interconnessi per raggiungere solidi risultati.

A questo punto posso solo segnalare come sia questa una materia da approfondire nell’ambito propriamente transdisciplinare dell’educazione civica, che rimanda alla storia contemporanea e alle problematiche della più stringente attualità, dalla globalizzazione, alle migrazioni, alla sostenibilità ambientale, ai movimenti dei giovani Friday For Future. Se ben proposte sono convinta che queste questioni saprebbero sollecitare l’interesse e la partecipazione degli studenti e la maturazione di solide competenze di cittadinanza.

 

 

 

1. Dal 2000 si occupa di formazione e in particolare di formazione iniziale dei docenti, in percorsi SISS, TFA, PAS istituiti presso l’Università degli Studi di Milano. Membro del Consiglio direttivo di ANFIS (Associazione Nazionale Formatori Insegnanti Supervisori).

2 Corte Costituzionale, sentenze n° 258/1994, n° 118/1996 e n° 49/2009

3 Nerina Dirindin è docente di Scienza delle Finanze e di Economia e organizzazione dei sistemi di welfare nell’Università di Torino

4 https://www.letture.org/salute-ed-economia-questioni-di-economia-e-politica-sanitaria-nerina- dirindin-enza-caruso

5 http://www.asl.vt.it/Staff/Formazione/educazione/files/doc_org_mondiale/ a%201978%20ALMA%20ATA.pdf

6 per approfondire si può leggere il 4° Rapporto sulla sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale,11 giugno 2019,

http://www.learning4.it/wp-admin/post.php?post=2134&action=edit&message=1

a cura di GIMBE, che analizza la spesa per la salute in Italia a 40 anni dall’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale (SSN)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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