Sembra facile parlare di programmazione strategica
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di Anna Armone (funzionario della Presidenza del Consiglio dei Ministri e Direttore responsabile della Rivista Trimestrale di Scienza dell’Amministrazione Scolastica)

in risposta all’articolo Discutiamo lo sviluppo della Buona Scuola

Il disegno di legge “La buona scuola”, prevede che, sulla base degli obiettivi ordinamentali fissati dall’art. 2, comma 3, venga redatto dal dirigente il Piano Triennale dell’offerta formativa che deve determinare:

- il fabbisogno dell’organico dell’autonomia;

- la quantificazione delle risorse per la realizzazione delle attività formative e degli altri obiettivi fissati dal citato art. 2, comma 3.

Si evidenzia così la possibilità di instaurare un sistema di programmazione strategica pluriennale sul quale si innesta, parallelamente, il Piano dell’offerta formativa di cui, si auspica, dovrebbe rimanere responsabile il collegio dei docenti, proprio al fine di creare un quadro chiaro e coerente delle responsabilità. Il Piano triennale dell’offerta formativa potrebbe costituire la base per la valutazione, da parte del direttore regionale dell’istruzione, del dirigente scolastico, mentre il Piano dell’offerta formativa costituirebbe, unitamente agli esiti degli apprendimenti e del piano di miglioramento, la base per la valutazione esterna della scuola.

Il Piano triennale, dovendo perseguire gli obiettivi di cui all’art. 2, comma 3 del ddl, si aggancia alla programmazione di bilancio del MIUR, così come esplicita la relazione tecnica al ddl. In particolare, lo stato di previsione della spesa del MIUR per il periodo 2015-2017, già riconosce come obiettivi strategici le aree del ddl, descrivendo l’obiettivo seppure in modo generico e sommario.

Poiché gli obiettivi di cui al comma 3 dell’art. 2 costituiscono obiettivi ordinamentali concretamente perseguibili dalle scuole, la rituale programmazione triennale di bilancio del MIUR dovrà tenerne conto nella propria struttura, definendo gli obiettivi e descrivendoli coerentemente.

La successiva programmazione del Piano triennale dell’offerta formativa deve, pertanto, rispettare vincoli di bilancio ben definiti. Insomma, si tratta di un processo programmatorio che parte dal basso e richiederebbe, come logica vuole, una serie sequenziale di atti di esplicitazione ed accompagnamento. Nella fase precedente e iniziale dell’assegnazione da parte del Ministro delle poste di bilancio ai centri di responsabilità amministrativa (i Dipartimenti del MIUR) attraverso la direttiva annuale sull’azione amministrativa e la gestione, si dovrebbe provvedere ad una ulteriore serie di direttive a cascata fino ai dirigenti scolastici, in modo da “attrezzarli” per il compito.

Affinché, dunque, tutto non si risolva in un semplice controllo di regolarità e capienza contabile, bisogna creare legami più rigidi e sequenziali con la programmazione di bilancio del MIUR, in modo tale che lo sforzo e l’attività programmatoria possa essere utilizzata anche ai fini valutativi della gestione dirigenziale.

Ecco come la nota tecnica predisposta dal MEF per la redazione delle note integrative al bilancio dello Stato (primo aggancio risorse/risultai) “istruisce” i Ministeri.

Le Note integrative si collocano all’interno del ciclo di programmazione e gestione delle amministrazioni dello Stato su un orizzonte temporale triennale.

Tale ciclo prende avvio dall’individuazione delle finalità della spesa pubblica, delle priorità politiche e dalla conseguente assegnazione delle risorse finanziarie alle amministrazioni per il successivo perseguimento (input finanziari); il processo prosegue con l’individuazione e l’acquisizione delle risorse umane e strumentali da impiegare (input fisici o strumentali) e si conclude con l’erogazione di servizi ai cittadini, alle imprese e ad altre pubbliche amministrazioni (output) e, quindi, con il dispiegarsi degli effetti finali dell’attività pubblica sull’economia e sulla società (outcome o risultati finali).

 

L’applicazione efficace del ciclo descritto richiede:

a) l’utilizzo di una classificazione che rappresenti, nel bilancio e negli altri documenti di finanza pubblica, le finalità e i programmi dell’azione di Governo (introdotta in Italia dal 2009);

b) la definizione, per ciascuna Amministrazione, degli obiettivi in cui tali programmi possono essere declinati;

c) l’individuazione e l’applicazione di indicatori significativi per quantificare gli obiettivi di cui al punto b) con riferimento al triennio della programmazione;

d) la misurazione annuale degli stessi indicatori al fine di monitorare i risultati conseguiti.

 

La tenuta e la coerenza della filiera programmatoria prevista dal ddl, dunque, deve essere oggetto di attenta riflessione da parte del MIUR, che non ha mai brillato per le sue capacità programmatoria sin da quando è stata introdotta formalmente l’attività di programmazione strategica nella PA, affidata ai Ministri e ai vertici burocratici. La direttiva annuale del Ministro sull’azione amministrativa e la gestione è via via diventata sempre meno consistente, fino ad assurgere ad una specie di proclama di intenti poco collegato agli strumenti di programmazione di finanza pubblica e non seguita da successivi e più articolati strumenti programmatori

Insomma, c’è da augurarsi che si pesino le parole e, dunque, le norme che le conterranno, con lo sguardo rivolto alla loro fattibilità.

I Paesi che utilizzano strumenti di programmazione strategica non limitano la loro azione alla compilazione di schede più o meno analitiche, ma utilizzano, innanzitutto, modelli di amministrazione basata sulle competenze degli operatori accompagnate dall’etica amministrativa, questa sconosciuta.

 

Norme

Artt. 4, 14 d.lgs. n. 165/2001

Direttiva Presidente Consiglio dei Ministri 08.11.2002

Direttiva del Presidente del Consiglio 12 marzo 2012

DPCM 18 settembre 2012

 

 

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