Uno sguardo dall’interno della scuola
gentili

di Romana Bogliaccino (docente di Storia e Filosofia, Liceo Classico “E. Q. Visconti”, Roma)

gentiliLe condizioni e i problemi della scuola non sempre sono percepiti e valutati allo stesso modo da chi, pur essendo esperto di tale realtà, la osserva dall’esterno e da chi invece nella vita scolastica è immerso ogni giorno. Recentemente una forte attenzione si è concentrata sul liceo classico, e l’articolata iniziativa “Classici dentro”, promossa dai tre licei romani Giulio Cesare, Virgilio e Visconti, ha contribuito a suscitare un vasto dibattito sul tema. Nel corso di due convegni e di un vero e proprio “processo”, che ha assunto in alcuni momenti toni vivamente polemici ed un certo pathos drammatico, per la sincera e intensa partecipazione dei relatori, abbiamo ascoltato giudizi discordanti sul liceo classico, e più in generale sulla cultura classica, in taluni casi fortemente elogiativi, in altri aspramente critici. Abbiamo sentito contrapporre le scienze e le tecniche al greco e al latino, il mondo reale dell’economia e del profitto ad una scuola sradicata dalla realtà, aleggiante in un iperuranio fumoso e malfermo, che per non sgretolarsi si aggrappa ad antiquati “filologismi” senza più senso e rapporto con la vita reale. Insomma, abbiamo ascoltato molte cose che ci hanno fatto rabbrividire, perché se fossero vere e noi docenti, responsabili di tanta anacronistica assurdità, avessimo un minimo di coscienza, dovremmo correre a gettarci da una rupe (di latina memoria, naturalmente). La radicalità di tali opposizioni, tuttavia, è apparsa eccessiva e infondata, basata su informazioni parziali, su approssimativi ricordi del passato o triti stereotipi, sulla perentoria oggettività di dati statistici, che sempre presuppongono una pregiudiziale angolazione interpretativa e dovrebbero essere letti con cautela, con la critica consapevolezza dei vari contesti da cui sono scaturiti e a cui rimandano.

Nell’acceso dibattito, cultura classica e liceo classico sono stati spesso confusi e sovrapposti con esiti contraddittori. Alla cultura classica è stato da tutti riconosciuto un indiscutibile valore fondativo, in quanto alveo dal quale hanno avuto origine tutti i campi del sapere, quelli scientifici inclusi, ma al contempo si sono esaltati i pregi di una formazione scolastica scientifica e tecnica a detrimento di quella ormai obsoleta fornita dal liceo classico. Una distinzione preliminare tra cultura classica e liceo classico va certamente ribadita, per evitare fraintendimenti. La cultura che oggi chiamiamo classica è stata per lunghissimo tempo, attraverso varie fasi e adattamenti, la base unica dell’educazione, comprendente al suo interno tutti i saperi umanistico-scientifici, il cui processo di differenziazione e specializzazione è stato relativamente recente. Ancor più recente è la storia delle istituzioni educative statali. Per quanto riguarda l’Italia, non si può dimenticare che la definizione degli indirizzi scolastici superiori ha avuto un’origine storica e ideologica ben precisa: la riforma Gentile del 1923, che ha sancito il primato della cultura classica, ma secondo la particolare interpretazione dell’idealismo e dello storicismo. E’ questa l’impronta che ha segnato in modo forte e duraturo non solo il liceo classico in Italia, ma anche quello scientifico. L’idealismo ha determinato, oltre all’impostazione storicista dei vari insegnamenti disciplinari (storia delle varie letterature, storia della filosofia, dell’arte…), una svalutazione della matematica e delle scienze, e ha conferito alla cultura classica un carattere separato, accentuando il suo ruolo privilegiato e dominante in una gerarchia di indirizzi scolastici, che prevedevano accessi differenziati ai superiori gradi accademici. Tale base unitaria e resistente ha reso più difficile e lento il mutamento dei licei italiani, in accordo con l’emergere di nuove esigenze culturali e didattiche. Eppure, le trasformazioni sono comunque avvenute, in seguito ad altre riforme e, soprattutto, grazie all’iniziativa autonoma degli insegnanti.

Lo storicismo ha subito molti adattamenti e ripensamenti, la visione idealistica è stata via via sostituita da una prospettiva più attenta alle cause materiali nell’interpretazione di ogni fenomeno storico e culturale; si sono poi accolte le istanze del formalismo e dello strutturalismo per l’analisi dei testi, la cui centralità è stata ripetutamente affermata. Quello che resta dell’impostazione storica nello studio delle discipline è a questo punto da considerarsi un valore apprezzabile, in un’epoca di quasi totale oblio di senso storico. Sempre più spazio si è poi dedicato allo studio della realtà contemporanea, all’analisi dei fenomeni economici, alle dottrine giuridico-politiche, alla nostra Costituzione, alla conoscenza diretta del patrimonio artistico e architettonico. Il rilievo dato alla matematica e alle scienze è aumentato, e l’interazione tra discipline umanistiche e scientifiche è rafforzata dallo svolgimento di progetti multidisciplinari. L’applicazione delle nuove tecnologie alla didattica curriculare è stata resa effettiva dalla tempestiva acquisizione di un computer e di una LIM in ogni aula, dall’introduzione del registro elettronico. Ogni anno vengono sperimentate forme di didattica alternativa, all’insegna della collaborazione tra studenti e insegnanti. Una miriade di progetti sono promossi allo scopo di collegare il passato al presente, vengono organizzate esperienze di alternanza scuola-lavoro, i licei ospitano spesso conferenze e convegni su tematiche di attualità, avviano frequenti scambi con l’estero e con istituzioni radicate nel territorio, mentre nel pomeriggio si riempiono di laboratori teatrali, musicali, di gruppi sportivi, di corsi di lingue moderne… insomma, se è davvero così, dove sono i problemi?

I problemi che noi insegnanti rileviamo non sembrano derivare da un ordinamento di studi antiquato o inadeguato (anzi, nel confronto con sistemi educativi stranieri, si è portati a rivalutare sempre più la vitalità dell’indirizzo classico), dalla mancanza di rapporto con la realtà attuale o di innovazione tecnologica. Tutto il complesso edificio finora descritto, che è il risultato della difficile conciliazione tra una didattica quotidiana che tende a mantenere la serietà e il rigore dell’insegnamento classico, con i molteplici ampliamenti progettuali indicati, si regge unicamente sulle spalle generose dei singoli, insegnanti e dirigenti in primo luogo. Inutile dire che là dove prevale l’impegno, la responsabilità, l’onestà, una visione umana ed equilibrata, là dove si creano sinergie positive di gruppi di docenti che collaborano in vista del bene comune, degli studenti, primi e assoluti destinatari di ogni attività scolastica, tutto immancabilmente fiorisce. Quando tutto questo manca e prevale, invece, il gretto disinteresse, la sfiducia nelle istituzioni, una scarsa attenzione agli studenti, una preparazione scadente e mai aggiornata, la scuola, come la società, si corrompe, deperisce e lentamente muore. Il buono che c’è nella scuola si sostiene su forze e iniziative spontanee, volontarie, sottopagate, di docenti che svolgono il loro ruolo ben oltre l’orario stabilito e gli obblighi di lavoro fissati dalle norme, in corrispondenza di un riconoscimento quasi nullo sul piano sociale ed economico. A risolvere questi problemi forse non basterebbe una riforma e, d’altra parte, la tendenza delle ultime è stata quella di mortificare ulteriormente gli insegnanti sia sul piano retributivo, sia su quello più specifico della propria funzione: pensiamo alla frammentazione delle cattedre nel liceo classico, attuata con evidente disprezzo delle conseguenze didattiche, al solo scopo di realizzare un risparmio statale irrilevante, ottenuto con il taglio di qualche stipendio e molti disagi per gli studenti. Pensare e agire per il rinnovamento è sempre doveroso e possibile, ma solo dall’interno possono nascere proposte misurate, utili a migliorare la scuola. Alla luce di queste ed altre ragioni, a molti di noi sembra che mettere sotto accusa il liceo classico sia solo un modo per distogliere l’attenzione da questioni sostanziali, che riguardano la scuola e la società italiana in generale.

L’apprezzamento per la cultura classica, espresso nel corso dei convegni, non può essere proclamato astrattamente, senza considerare che, per essere mantenuta viva, la cultura ha bisogno di luoghi in cui essere coltivata e trasmessa. Se si riconosce ad essa un valore formativo, non si può disconoscere la funzione di istituzioni educative dotate di uno specifico percorso di studi, basato su un certo metodo e ineludibili scelte disciplinari, senza le quali la formazione classica non sarebbe altro che un vago e approssimativo riferimento nostalgico, in questo caso sì, davvero fumoso e inutile.

Quello che ci sentiamo ancora di difendere non è un valore astratto e inconsistente, al contrario, noi lo vediamo manifestarsi, anno dopo anno, in modo vivo e concreto, nell’incredibile metamorfosi che lo studente compie (anche il meno brillante e studioso) a contatto con il fecondissimo mondo del sapere, e più ancora attraverso l’esercizio faticoso, la concentrazione e la disciplina mentale, che quotidianamente lo forgia ed affina. La formazione classica non consiste in qualche contenuto riducibile a favolette o aneddoti, con tale banalizzazione non si ottiene la diffusione della cultura classica, ma la sua distruzione. D’altra parte, lo studio di qualunque disciplina, anche scientifica, può essere praticato in modo superficiale, meccanico e ripetitivo, dunque non avere alcun risultato veramente formativo. La verifica delle competenze, di cui tanto si parla, è di fatto attuata ogni qual volta vediamo i nostri studenti interagire con i vari fenomeni del mondo attuale e utilizzare con disinvoltura il loro complesso bagaglio culturale nel corso di viaggi, nei progetti, negli scambi internazionali, o quando li osserviamo, da lontano, percorrere con successo ogni tipo di studio universitario, in tutte le parti d’Europa o del mondo.

Quello che ci sentiamo di difendere ha effetti tanto profondi e duraturi, che sembra quasi riduttivo definirlo in termini di apertura mentale, analisi critica, ragionamento logico, formazione umana e civile, senso estetico e morale… In realtà, nessun termine può racchiudere in sé quello che una valida e ricca formazione culturale può produrre sull’essere umano. La preparazione liceale costituisce una base preziosa e multiforme, percepita dall’esterno e dagli stessi studenti come un patrimonio che miracolosamente comincia a rivelarsi e a dar frutti, al di là di ogni calcolo e aspettativa, ben oltre la fine della scuola. Non si vuole, con questo, riaffermare ostinatamente l’eterno primato del classico, formare persone è un obiettivo arduo e delicato, forse non del tutto riconducibile all’uno o all’altro percorso di studio, ma di certo l’eliminazione di una delle vie educative possibili, il liceo classico, sarebbe un sicuro impoverimento.

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